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L'aeroporto di Lac St. Joseph, incassato tra le colline a nord-est di Quebec, era uno dei tanti, appartenenti all'aeronautica militare canadese, che erano stati chiusi per via dei tagli apportati al bilancio. La pista, lunga più di tre chilometri e mezzo, era vietata agli aerei di linea, ma veniva ancora impiegata dai militari per i voli di addestramento e per gli atterraggi d'emergenza.
L'apparecchio di Henri Villon si trovava fuori da un capannone in lamiera segnato dalle intemperie. Accanto era parcheggiata un'autocisterna e due uomini che indossavano l'impermeabile procedevano agli ultimi controlli prima del decollo. Charles Sarveux e l'ispettore Finn si trovavano al riparo, in un ufficio dove il solo arredo era costituito da un banco di lavoro metallico, semiarrugginito. Ritti in piedi, osservavano dalla finestra coi vetri sudici quanto stava avvenendo fuori. La pioggerella di poco prima si era trasformata in un acquazzone che penetrava dal tetto corroso, formando numerose pozze sul pavimento.
Foss Gly, comodamente sdraiato sopra una coperta, con le mani intrecciate dietro la nuca, non si curava affatto dell'acqua che scrosciava tutt'intorno a lui, sul cemento. Sembrava perfino a suo agio, addirittura soddisfatto e compiaciuto di sé, mentre lasciava vagare lo sguardo sul soffitto metallico pieno di crepe. Aveva abbandonato il travestimento da Villon: era ridiventato Foss Gly.
Fuori, sulla pista, il pilota saltò a terra da un'ala e si diresse a passi rapidi e saltellanti verso il capannone. Si affacciò con la testa alla porta dell'ufficio. «Quando vuole, possiamo partire», annunciò.
Gly si mise seduto. «Trovato qualcosa?»
«Niente. Abbiamo esaminato tutti gli impianti e gli strumenti di bordo, ispezionato ogni centimetro quadrato, controllato perfino la qualità del cherosene e dell'olio. Nessuno ha manomesso nulla. Pulito.»
«Va bene. Può avviare i motori.»
Il pilota annuì e uscì, chino, sotto la pioggia.
«Ebbene, signori, sono in partenza», disse Gly.
Sarveux fece un cenno a Finn. L'ispettore di polizia depose due grandi valigie sul banco da lavoro e le aprì.
«Trenta milioni di dollari canadesi, in biglietti di banca usati», disse, impassibile.
Gly estrasse di tasca una lente da gioielliere e si mise a osservare le banconote, prendendone alcuni campioni a caso. Dieci minuti dopo si rimise la lente in tasca e chiuse le valigie. «Non scherzava dicendo che si trattava di banconote usate. In gran parte si sono così stropicciate a furia di passare di portafogli in portafogli che le scritte sono quasi illeggibili.»
«Tutto secondo le sue istruzioni», replicò puntigliosamente Finn. «Non è stata un'impresa da poco racimolare una simile somma in banconote usate, a così breve scadenza. Credo che le troverà tutte quante negoziabili.»
«È piacevole concludere affari con lei, signor primo ministro.» Gly si avvicinò a Sarveux, tendendogli la mano.
Il politico ignorò il suo gesto. «Sono felice di una sola cosa: di aver potuto sventare in tempo il suo piano da impostore.»
Il killer scrollò le spalle e ritirò la mano che il suo interlocutore aveva rifiutato. «Chi lo sa? Sarei potuto diventare un presidente maledettamente in gamba, forse migliore dello stesso Villon.»
«Debbo ringraziare la fortuna se non lo è diventato. Nel caso che l'ispettore Finn non avesse saputo dove si trovava Henri, nel momento in cui lei è entrato temerariamente nel mio studio, può darsi che non saremmo mai stati in grado di smascherarla. Ma è andata così e il mio unico rammarico è di non aver potuto farla impiccare sulla più alta delle forche.»
«Un motivo di più per cautelarmi documentando tutto per filo e per segno, a titolo di assicurazione sulla vita», ribatté Gly, in tono sprezzante.
«Un'esposizione cronologica delle mie azioni per conto del movimento clandestino; nastri registrati dei miei incontri con Villon; videocassette di sua moglie in colloquio intimo col ministro degli Interni. Direi che non le costa troppo garantendomi in cambio la vita.»
«Quando riceverò il materiale?» chiese Sarveux.
«Le invierò le istruzioni per trovare il nascondiglio non appena sarò arrivato, sano e salvo, fuori della sua portata.»
«Quale certezza mi fornisce? Posso fidarmi che in seguito non mi ricatterà?»
Gly gli rivolse un sogghigno diabolico. «Nessuna, nessunissima certezza.»
«Lei mi fa schifo», sibilò Sarveux, furente. «È una lordura sputata dalla terra.»
«E lei è forse qualcosa di meglio?» ringhiò a sua volta Gly. «Se ne è rimasto impassibile nella sua virtù, guardandomi mentre facevo fuori il suo rivale politico e sua moglie che la tradiva. E ha avuto il fegato di pagare lo sporco lavoro con i fondi governativi. Lei è un individuo ancora più schifoso di me, Sarveux. L'affare più vantaggioso lo ha fatto lei. Perciò riservi i suoi insulti e le sue prediche per il momento in cui si guarda allo specchio.»
Sarveux tremava, scosso dalla rabbia che gli ribolliva dentro. «È meglio che se ne vada via... lontano dal Canada.»
«Con molto piacere.»
Sarveux fece un ultimo sforzo per controllarsi. «Addio, signor Gly. Forse ci incontreremo di nuovo, all'inferno.»
Afferrò le valigie, le portò fuori e salì a bordo dell'aereo. Mentre il pilota faceva rullare l'apparecchio verso l'estremità della pista, il killer sedette nella cabina principale e si versò da bere. Niente male, trenta milioni di sacchi e un aereo a reazione. Non c'è cosa che valga un'uscita in grande stile, pensava.
Il telefono sul bar ronzò e Gly rispose. Era il pilota.
«Siamo pronti per il decollo. Vorrebbe darmi le istruzioni per il volo?»
«Si diriga a sud, verso gli Stati Uniti. Si tenga basso per evitare i radar. Quando saremo un centocinquanta chilometri oltre il confine, si porti alla quota di crociera e faccia rotta su Montserrat.»
«Mai sentita nominare.»
«È una delle Isole Sotto Vento nelle Piccole Antille, a sud-est di Portorico. Mi svegli quando arriveremo.»
«Sogni d'oro, capo.»
Gly si risprofondò nella poltrona, senza darsi la pena di allacciare la cintura di sicurezza. In quel momento si sentiva immortale. Sogghignò, scorgendo, attraverso il finestrino, due figure in controluce sulla porta del capannone. Pensando a Sarveux, si disse che era uno stupido. Lui, al suo posto, avrebbe nascosto una bomba sull'aeroplano, munita di un dispositivo a tempo per lo scoppio, oppure avrebbe impartito ai caccia l'ordine di abbatterlo. A ben pensarci, questa possibilità, per quanto improbabile, non era ancora da scartare del tutto. La bomba però non c'era. L'apparecchio era stato perquisito da cima a fondo. Ce l'aveva fatta. Poteva scegliersi il Paese che preferiva.
Dopo che l'aereo ebbe guadagnato velocità e fu scomparso tra le nuvole, Sarveux si rivolse a Finn. «Come accadrà?»
«Il pilota automatico. Una volta inserito, l'aereo comincerà a salire, ma molto gradualmente. Gli altimetri sono stati manipolati in modo da non segnare mai una quota superiore ai tremilatrecento metri. L'impianto di pressurizzazione non entrerà in funzione e l'ossigeno di emergenza non verrà erogato. Quando il pilota scoprirà che c'è qualcosa di anormale, sarà troppo tardi.»
«Non avrà la possibilità di staccare il pilota automatico?»
Finn scosse la testa. «I collegamenti elettrici sono stati alterati. Potrebbe tentare di disinserirlo a colpi d'accetta, ma non farebbe che peggiorare la situazione. È assolutamente escluso che possa riprendere il controllo del velivolo.»
«Quindi perderanno conoscenza per via della mancanza di ossigeno?»
«Sì. E una volta esaurito il carburante, piomberanno nell'oceano.»
«Potrebbero anche schiantarsi a terra.»
«È un rischio che è stato calcolato», spiegò Finn. «Presumendo che Gly facesse riempire i serbatoi di benzina e intendesse allontanarsi il più possibile da qui prima dell'atterraggio, le probabilità che finisca in acqua erano di otto contro una.»
Sarveux chiese, preoccupato: «E i comunicati stampa?»
«Già compilati e pronti per essere inviati alle agenzie.» Finn aprì l'ombrello e, insieme, si avviarono verso la berlina del primo ministro. Nei punti infossati della pista di rullaggio si stavano formando pozzanghere.
Uno degli uomini di Finn spense i fari che la illuminavano e le luci del capannone. Prima di salire in macchina Sarveux si fermò e guardò in alto, fissando il cielo nero come la pece, mentre il rombo lontano del jet si confondeva con lo scrosciare della pioggia. «Un gran peccato che Gly non saprà mai com'è stato battuto in astuzia. Penso che avrebbe apprezzato il tiro.»
La mattina seguente, le agenzie di stampa internazionali diramarono un comunicato che diceva testualmente:
Ottawa, 6 ottobre (Servizio speciale).
Questa mattina un aereo, con a bordo Danielle Sarveux e Henri Villon, è precipitato nell'Atlantico, duecento miglia a nord-est di Caienna, nella Guiana francese. La consorte del primo ministro del Canada e il candidato alla presidenza del Quebec, proclamatosi da poco indipendente, erano partiti ieri sera da Ottawa, diretti a Quebec. L'allarme venne lanciato quando l'apparecchio non atterrò secondo l'orario previsto. A bordo non c'erano altre persone, perché l'aereo era pilotato dallo stesso Villon. Tutte le chiamate radio rimasero senza risposta.
Poiché i controllori di volo canadesi non sospettarono immediatamente che il bimotore del tipo Albatros si fosse diretto verso gli Stati Uniti, ore preziose furono sprecate nelle ricerche tra Quebec e Ottawa. I primi sospetti nacquero soltanto dopo che un Concorde dell'Air France riferì d'aver visto un aereo che volava irregolarmente a sud di Bermuda, alla quota di 16.500 metri, ossia di 2400 superiore a quella registrata per l'Albatros personale di Villon. Aviogetti della Marina statunitense si levarono in volo dalla portaerei Kitty Hawk che incrociava nelle acque di Cuba. Il primo a scorgere l'Albatros fu il tenente Arthur Hancock, il quale riferì d'aver scorto ai comandi un uomo che sembrava senza vita e di aver seguito l'apparecchio finché non lo vide cadere lentamente in vite e scomparire nell'oceano. Ian Stone, portavoce dell'aeronautica canadese, ha dichiarato: «Non siamo in grado di accertare le cause del tragico incidente. L'unica supposizione accettabile è che la signora Sarveux e il signor Villon siano svenuti per la mancanza di ossigeno e che l'apparecchio, che volava con l'autopilota inserito, sia andato di 3000 miglia fuori rotta prima di esaurire il carburante e precipitare». Nonostante le ricerche, non sono stati avvistati relitti. Il primo ministro Charles Sarveux è rimasto chiuso nella sua abitazione e non ha concesso interviste.